Prof. Veronica Biraghi



 

Prof. Veronica Biraghi

Testi per il video - 2020

 

Un surrealista contemporaneo

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Un surrealista contemporaneo... ma cosa significa questa definizione? Sappiamo bene che il surrealismo nasce intorno al 1920 in Francia, a Parigi e ha origine dai testi del poeta André Breton che a sua volta viene influenzato dagli studi sui sogni di Freud... Ma l’artista di cui stiamo parlando nasce nel 1951, in Veneto, vicino a Venezia. Ma che legame c’è quindi... tra queste date e questi mondi così lontani?! Innanzitutto è importante ricordare come una corrente artistica non sia sempre destinata a terminare del tutto, di botto, così, zacchete! Ancora oggi possiamo trovare artisti che si definiscono Vicini a Caravaggio, al Dada o appunto surrealista. Le idee che hanno definito un particolare tipo di arte non muoiono con chi le ha generate... spesso magari cambiano, si modificano... oppure tornano prepotentemente nelle creazioni di chi le ha studiate, le ha viste o solo intraviste o chi, come in questo caso... le ha quasi solo sognate.

 

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In questo caso... tutto ha origine in  maniera folle... anzi, dai, chiamiamola con il giusto termine: in maniera surreale! 

Il Gambasin viene da una famiglia molto lontana dal mondo artistico. Però per uno strano caso, in questo mondo d’arte cresce, vive e si forma, anche se in maniera inconsapevole. Pensate che il padre era il sacrestano di una chiesetta di Crespano del Grappa... semisconosciuta ai più ma in realtà progettata dal Canova come «prova generale» per il tempio Canoviano di Possagno, luogo d’origine dell’artista neoclassico (Possagno e Crespano son paesi quasi attaccati eh). Insomma un luogo sicuramente particolare dove crescere e giocare...

Giovanni si ritrova poi catapultato, per i due anni di leva nella Marina Militare, dalle montagne venete al mare.... addirittura in un sottomarino. Tra i due sommergibili, Cappellini e Morosini, sta parecchio in acqua e lui abituato a ben altri ambienti... probabilmente inizia a sognare d’essere altrove e ad un tratto si ritrova in mano la stampa di un’opera di Dalì: Le giraffe in fiamme. Un’opera surrealista che al Gambasin piace, piace un sacco... anche se in realtà ne sa poco o nulla. Oh diciamocelo... erano altri tempi, le scuole poi stanno decisamente strette a questo ragazzo veneto che si definisce, giustamente, autodidatta.  Oh, per capirci: per imparare a dipingere segue un corso  per corrispondenza sulle tecniche della pittura! Uno di quei corsi grazie ai quali, una volta, scegliendo quello giusto imparavi davvero a fare un po’ di tutto... Del resto è vero eh... si forma sul campo, anche qui in maniera surreale... fa un sacco di lavori diversi: inizia però, non sarà un caso, addirittura da ragazzino, quando è alle medie, a lavorare, pensate un po’... ai rebus, sì sì, avete presente i disegni che si trovavano sulla settimana enigmistica e sui maggiori quotidiani dell’epoca?! Con l’illustratore Umberto Biancato (un vero «nome» del settore, si firmava Ubi), inizia quindi a capire che disegnare, stampare... chissà potrebbe davvero essere la sua strada. Ma poi questi sono anni in cui tocca lavorare per mantenersi, i veneti son gente pratica, poco sognatori eh... dal lavaggio auto al saldatore in fabbrica, dal meccanico attrezzista all’elettricista, all’autista come raccolta del latte... farà un po’ di tutto. Cose concrete, slegate dal mondo artistico che però lo tengono in contatto con la terra, con il Veneto e con i veneti... la sua terra che, lo vedremo dopo, torna molto spesso nelle sue opere.

 

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Le giraffe di Dalì danno quindi origine alla produzione artistica del Gambasin che esporrà poi in Italia, con una prima esposizione nel 1977 e all’estero e per parecchio tempo sperimenterà tecniche diverse ma con soggetti che alla fine son comunque riconducibili ai temi della vita, della morte, della Chiesa e, col tempo, si intravedono anche dei soggetti ricorrenti: la Porta, il Cerchio, Venezia, la Mela e il Palazzo...

E guardando certe scene, tra il bianco e nero, il colore leggerissimo, la tecnica ad olio usata per velature, figure sempre riconoscibili ma in situazioni assurde... troviamo il punto di vista tipico dell’arte surrealista: proporre nell’arte il mondo onirico, forme riconoscibili, che appartengono al mondo reale ma presentate in contesti che vanno ben oltre la realtà concreta in cui siamo abituate a vederle. Nel mondo dei sogni tutto è possibile no?! Anche se non sempre tutto è spiegabile... E qui ripenso alla frase che spesso pronunciava la madre di Giovanni quando lui, fin da bambino, le presentava i suoi lavori: belli.... ma cosa significano?

 

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Il palazzo esiste davvero eh!? Villa Contarini detta degli Armeni, è un palazzo costruito nel cinquecento dalla famiglia veneziana dei Surian, passata poi via via nei secoli a varie famiglie nobili venete e alla fine ceduta al Collegio Armeno dell’Isola di San Lazzaro, da cui le è rimasto il nome!  Situata ad Asolo, è composta da due corpi distinti, collegati, pensate un po’... da una galleria che fora la cima del colle Messano: e una di queste due parti è il cosiddetto «Fresco»... quello che riconosciamo in molte visioni fantastiche del Gambasin: ora rappresentato frontalmente, ora addirittura rovesciato a terra, in prospettiva accidentale, ben particolareggiato o solo accennato... ma è sempre lui! Vi ricordate che vi avevo accennato ai fortissimi legami di questo artista con il suo mondo e la sua terra? L’artista vive proprio lì vicino e come molti surrealisti gli viene naturale trasportare nel mondo delle sue visioni oniriche... oggetti e luoghi reali, strettamente legati al suo quotidiano!

 

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L’altro elemento che spesso ritroviamo in questi paesaggi e scene surreali... è la porta. Ora è una porta pesante, in legno antico, chiusa... ora invece è una porta finestra che lascia intravedere l’infinito, la luce, il cielo... a volte è una porta sul nulla altre volte invece collega il palazzo o è la porta del palazzo stesso, quello degli Armeni... Una porta spesso, nel significato dei sogni, rappresenta il cambiamento... del resto una porta è sempre un sistema di collegamento tra ambienti, in questo caso ambienti reali o immaginati o forse, chissà... solo sognati... in qualche caso la porta separa addirittura due orari differenti anche se contemporanei: giorno e notte (ed è un po’ il gioco folle che ritroviamo anche in Magritte, casualmente surrealista anche lui eh). Una porta separa, certo, ma se aperta, in pratica unisce e oltrepassandola si va sempre oltre...

 

 

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Chissà se la mela è la mela del peccato...   sicuramente però è verde, sempre verde. Anzi diciamocelo: quel punto particolare di verde... esattamente e sicuramente non un caso, come la mela verde che tante volte Magritte rappresenta nei suoi giochi surrealisti, ora a coprire un volto, ora ad invadere totalmente una stanza... Ma qui il Gambasin che è sì autodidatta ma sicuramente curioso ed attento... la affianca anche ad uno strumento del passato: un liuto... tante volte ritratto nella pittura tra rinascimento e barocco, ora da Baschenis ora da Caravaggio. Ma fateci caso... la mela di Giovanni è lì appesa, esposta, insidiata e minacciata da mostri... Guardateli bene e ricordatevi che molte delle opere di cui stiamo parlando sono piccole, molto piccole, quasi delle miniature, 11cm x 11cm. Il Gambasin, parlando dei suoi lavori, ad un certo punto dichiara d’aver provato a mettersi alla prova con tele molto ampie ma capisce presto che non è quella la sua dimensione. Nello spazio reale di una tela lui, assurdamente, si perde... preferendo lo spazio ridotto, ridottissimo che però può popolare di figure mostruose, profili con bocche spalancate, a volte dall’aria minacciosa altre volte solo molto molto curiosa... Giovanni in fondo è un uomo piuttosto solitario... Gli piace entrare a contatto con la gente, anche ora «che ha una certa età» gestisce il suo sito internet, naviga in rete, comunica a distanza... così come una volta faceva, dal vivo, consegnando il latte con il furgone... ma la mela, così come le altre sue figure geometriche, poi rimangono lì, isolate dal contesto, staccate da tutto e da tutti...

 

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Il nostro surrealista contemporaneo, dopo svariate mostre, personali e collettive... Nel 1993 si ferma. Così di botto. Decide che l’arte non fa più per lui: i legami tra arte e artista, critica e galleristi... il percorso che porta inevitabilmente una passione a scontrarsi con la sua trasformazione in professione, con tutto il contorno economico indispensabile... portano alla decisione drastica: cambia vita, cambia lavoro... per vent’anni svanisce,  praticamente inghiottito dalla sua vita parallela, lascia il mondo surreale per quello reale...

Ma ora è tornato, con la stessa visione del mondo popolato da figure riconoscibili seppur assurde, con le sue prospettive impossibili, con l’uso di tecniche modernissime quali la digital art ma anche tecniche antichissime come la ceramica (dove però sceglie di riprodurre, casualmente, soggetti con evidenti riferimenti al mondo di Alice nel paese delle meraviglie, come il Cappellaio matto...)

già perché chi nasce surrealista... surrealista rimane!

 


Prof. Veronica Biraghi

Testi per il Libretto - 2020

 

Giovanni Gambasin, 2020, The Restart.

Parlare di un nuovo inizio, di una ripartenza, significa parlare dell’inizio di un viaggio.

Dopo una pausa riflessiva dove si preparano i bagagli, le vettovaglie, dove si controllano le mappe, ma si guarda ancora al sole e alle stelle…si decide una nuova rotta: è il momento di partire!

Respiri profondi perché un viaggio è scoperta lungo il percorso ma spesso richiede fatica, concentrazione e dedizione…accompagnato anche da qualche rischio.

Questo viaggio però lo possiamo fare serenamente,  mentre l’artista ci tiene per mano e ci accompagna lungo un percorso che lui ha già tracciato per noi.

Anzi due percorsi paralleli, complementari, una biforcazione nel tragitto, come quelle nei sentieri di montagna, un bivio dove ed è richiesta una scelta.

Una scelta che noi, qui, invece non dovremo fare perché nei mondi surreali del Gambasin possiamo sdoppiarci e goderci il dono dell’ubiquità!

 

Serie dedicata ai cerchi colorati

Con la serie dei “cerchi colorati”, l’artista reinventa la forma archetipica del cerchio: non più solo  elemento grafico, ma nucleo di luce che simboleggia la speranza. I disegni, paradossalmente piccoli nella realtà, vogliono rappresentare per il Gambasin, l’intero pianeta. 

Lo spazio quindi si dilata e pervade la mente dello spettatore trascinandolo nel vortice del colore che è, forse, quell’ottimismo che sopravvive a stento nel cuore dell’artista, annichilito ed inerme, di fronte alla situazione critica del pianeta e di chi lo abita. 

Il cerchio, giallo, diventa quindi  sole, luce,  attaccato da ombre minacciose contro le quali si batte in una guerra che è la battaglia quotidiana di tutti noi. Noi che incontriamo nel nostro cammino, porte oscure in cui rifugiarci o misteriosi sacchetti di stoffa appesi ad un ramo, provviste, la forza che ci servirà per sopravvivere? Chissà…

Ma quando poi il cerchio diventa rosso è inevitabile accostarlo al sangue, quello stesso sangue che dilaga sui campi di battaglia, rosso che inzuppa le ombre che sono poi le nostre anime, la nostra responsabilità nei confronti di un mondo che ci ospita senza ricevere in cambio alcun beneficio…

 

Serie dedicata alla punteggiatura

A scuola le lezioni sulla punteggiatura arrivano in un secondo tempo. Prima si impara a conoscere  le lettere, a comporre le parole, la scrittura…i segni della punteggiatura, per un bambino, sono spesso forme astratte, quasi misteriose. Ma l’adulto arriverà a capire che con la punteggiatura potrà dare spessore, respiro ed emozioni, a quelle che fino ad un attimo prima erano solo parole…

Siamo al bivio nel viaggio, da un lato abbiamo le forme, le parole, ora possiamo fare un ulteriore passo verso questa parte dell’opera del Gambasin che è un atto di scrittura visiva: un percorso segnico dove la punteggiatura non chiude la frase, ma la spalanca.  La virgola permette di prendere il respiro, il punto e virgola è una pausa lunga, nel percorso quindi ci si potrà sedere a riposare. Il punto è definitivo e senza appelli, è rigore, è la scelta netta della via maestra. 

Nel mondo onirico e surreale del Gambasin questo viaggio lungo un sogno, spalanca le porte verso l’infinito, una narrazione emotiva dove ogni pausa è un universo in attesa d’essere esplorato…