Maria Carla Prevedello
IDEE - Periodico Cultura Spettacolo, 1989
LE PORTE PARLANO DI MISTERO
Sogni. Desideri. Impulsi. I dipinti di Giovanni Gambasin, crespanese, vivono in una dimensione onirica. Esprimono verità nascoste, sprofondate in ciascuno di noi. “E’ come l’aprirsi di un mondo meraviglioso”.
Il surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore, connesso a certe forme di associazione finora trascurate: sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero: così Andrè Breton scrisse nel primo Manifesto del 1924.
Oggi scopriamo che il surrealismo è vivo, come stato d’animo, anche nelle opere di Giovanni Gambasin.
Ogni suo dipinto è una realtà onirica, fatta di sogno, desideri e impulsi, che si contrappone alla quotidianità convenzionale, sicura e rigida. Ma se il sogno è la capacità di cogliere al di là dei nostri condizionamenti l’autenticità del proprio io, essere sognatori significa avere il coraggio di ascoltare profondamente il nostro animo, per scoprire noi stessi e diventare sempre più liberi.
Così nel dipinto della serie “La vita è sogno” Giovanni Gambasin pone accanto alla consapevolezza della realtà esterna lo slancio intuitivo della propria infinità, nel sogno, con colori tenui, sfumati, forme singolari e nel bianco, che è luce, pienezza non ancora oggettivata, senza contorni. Si, perché interpretare un suo dipinto attraverso la costruzione di un ragionamento sarebbe inautentico.
L’arte di Gambasin richiede partecipazione esistenziale, non si esaurisce in un godimento estetico e nemmeno in un’interpretazione logica. L’espressione pittorica di Gambasin è un esperienza che lascia affiorare e svela verità nascoste dell’io.
I suoi dipinti non sono, quindi, legati solamente a una ricerca tecnico-estetica, ma testimoniano un impegno di vita, un modo di conoscere se stesso e una via per liberarsi dagli schemi alienanti, per realizzare un ideale di libertà e di amore.
Questo ritrovarsi in un istante nel tuo sogno, fa di te un artista interamente pervaso dal proprio universo interiore ?
“Sono in continua ricerca per avere qualcosa di diverso nel mio pensiero. Desidero vivere nella magia che io mi creo. Nel segno dell’immaginario la scoperta è come l’aprirsi di un mondo meraviglioso”.
A volte i tuoi dipinti sono difficili da osservare per la troppa luce che riflettono, e nello stesso tempo colpiscono per la luminosità che emanano. Fa parte anche questo di una tua ricerca?
“Si, è vero, le mie tele sono estremamente lucide. Ciò è dovuto alla vernice, alle tinte molto tenui, alle sfumature e alla base così morbida e delicata. Queste tecniche sono in armonia con il sogno. Mentre la realtà è ruvida ad essa si adattano i colori forti, nei miei quadri c’è un mondo onirico che richiede dolcezza e velature.
Nella mia ricerca c’è il desiderio di arrivare a rappresentare il tutto nella luce, nella pienezza.”
Nell’atmosfera vaporosa del tuo spazio irreale, vedo alcuni elementi, come le scale e le porte, che si ripetono. Quale significato nascondono?
“Sento la mia pittura come un cammino evolutivo. Un tempo rappresentavo paesaggi, poi è nato in me il desiderio di raccontare una storia, creare più immagini. Le scale che dipingo non indicano solo il “salire”, ”il crescere”, ma anche il desiderio di guardare il mondo dall’alto, per essere al di sopra degli eventi quotidiani. Le porte si possono aprire per uscire incontro agli altri, ma significano anche liberazione, perché, entrando nel sogno, prendo coscienza dei miei desideri e ritrovo me stesso. Le porte parlano di mistero”.
Tullio Zanier
Treviso - Galleria La Cave, 25.1.1982
La pittura di Giovanni Gambasin, autentico autodidatta molto giovane, ha pur tuttavia già raggiunto un livello sicuramente promettente negli esiti e nelle potenzialità insite in essi. Egli ha spontaneamente aderito ai modi del fare surrealista, senza trapassi o oscillazioni iniziali, con l’immediatezza di una scelta istintivamente congeniale, al punto che, dopo che aveva acquisito quei modi e quelle strutture si riconobbe nella temperie delle avanguardie del surrealismo storico novecentesco (Dalì, Tanguy, Mirò), come un fiore selvaggio che ha assorbito la linfa vitale d’un terreno a lui più congeniale. Ma a ciò si è aggiunto anche un proprio bagaglio di forme espressive e simboli: cioè gli spazi di vastità illimitata in cui si collocano cose e oggetti di dimensioni infinitesime che in quello spazio si perdono in un’atmosfera angosciosa come di chi si è sperduto e non ha più speranza di ritrovarsi e per di più il colore freddo e purissimo (predominanza assoluta di cilestrini tenui tenui, e ocra sfumatissimi, gli altri colori sono appena appena impiegati e si annegano, mi si passi la parola, nell’immersione del lago infinito e lucidamente abbagliante dei colori dominanti), una assoluta asetticità che accentua il senso di angosciosa e disperata dispersione in una infinità fatta di nulla. Moduli onirici, si afferma, tipici delle forme surrealiste psicanalitiche: ma l’enigmaticità intensa di essi si connota anche di tipologie alludenti a proprie vicende e motivi autobiografici ove parla forse più propriamente che il sognato, l’affiorare di tali memorie e reminiscenze che si esprimono e si travestono nei modi bretoniani dell’automatismo della scrittura.
Renato Prandi da Verignano
Direttore Galleria LA CAVE - Treviso - 1982
Giovanni Gambasin, nel corso della sua recente personale ha avuto il modo di parlarmi abbastanza esaurientemente della sua vita e della sua pittura. Ho portato il discorso anche su argomenti più vasti, per cercare di compiere un’incursione nella sua psiche, avendo intuito che egli non era affatto un superficiale. Perciò mi disse dell’itinerario segreto di ognuno di noi, dei limiti del nostro pensiero di fronte all’aldilà, dell’assurdità e del non senso fondamentali dell’esistenza e del suo significato forse nascosto…Paragonò l’uomo a una palla di creta che diventa fango immergendosi nell’acqua sporca della società…
Il suo concetto dell’”uomo-palla di creta” produce già un’immagine surreale e già in questo pensiero espressomi dall’artista emerge il suo inconscio che lo ha portato sin da bambino verso il mondo della fantasia. Dalla quale la sua naturale inclinazione per la pittura lo ha spinto a creare immagini che non sono che l’oggettivazione di concetti trascendenti il dato naturale.
Egli nulla sapeva del manifesto di Breton, dell’influenza della pittura metafisica di De Chirico e delle proposte formali del surrealismo; di Duchamp, di Ernst, di Dalì, di Mirò e di Tanguy, che conobbe sui libri molto più tardi, ma soprattutto in questi ultimi si ritrovò meravigliandosi di alcune somiglianze fra il suo mondo e quello che aveva scoperto. Così da autodidatta anche per quanto attiene alla sua cultura generale, imparò la lezione dei grandi maestri dell’arte fantastica o più esattamente di quelli del più ortodosso surrealismo. Per sua natura appartato e introverso, rimase ai margini del mondo che non sapeva dare una risposta ai suoi interrogativi e preferì cercare il mistero con la sua fantasia. La morte della madre gli procurò, oltre al dolore una profonda necessità di riflessione che trasferì quasi istintivamente sul piano estetico.
Il suo carattere che ho così individuato, non lo porta però all’espressione immediata del suo subconscio e quindi nascono opere nelle quali lo spazio è immenso e gli oggetti simbolici e filiformi o la figura dell’uomo disumanizzato, costituiscono gli stilemi enigmatici dei suoi pensieri, incredibilmente profondi, che riesce a manifestare con intima soddisfazione solamente in una pittura surrealista.
Le sue intuizioni da cui nascono queste immagini estetiche, sono il frutto estremo di una sua sapienza inconscia e assumono l’importanza di un rituale poiché da ognuna di esse, escono soffocati lamenti e allucinanti personaggi sempre immersi nella desolazione del vuoto. Senza alcun sospetto di polemica, tanto è al di fuori di ogni sostegno temporale, tanto la sua arte è lirica e pervasa da infinita solitudine.
Chiamare in causa una filosofia dell’artista non è azzardato: il mondo attuale gli appare come un pianeta vuoto e privo di veri uomini. Nel silenzio del suo laboratorio Gambasin sogna forse qualcosa che non c’è, scoprendo immagini psico-fisiologiche di grande nitore e instaurando un rapporto che dischiude un’infinità di problemi esistenziali in una magica sospensione di mistero che tradisce la sua apprensione e il suo congeniale bisogno di indagine volta a scoprire il filo ipotetico sul quale si coordinano la realtà dell’esistenza e le sue eterne conflittualità.
Ma se il dipingere è ormai di tutti, e di tutti i giorni, Gambasin assolve ad un compito di annotare in atmosfere oniriche tutte le sue fantasie dominate dall’angoscia del presente. Egli rifiuta qualsiasi trasformismo utilitaristico, qualsiasi compiacenza di comodo, moda o capriccio, per rimanere nel filone preziosamente autentico del surrealismo, che nell’arte non ha mai ceduto il passo ad altre correnti, condizione permanente del mondo espressivo e sicura testimonianza del mondo interiore. Con una pregnanza poetica di artista ben degno di questo nome.
Pietro Melchiori
Treviso - Galleria d'Arte "LA CAVE" - 1982
Giovanni Gambasin appartiene al mondo operaio e nell’arte pittorica è un autodidatta che si muove nell’ambito del surrealismo metafisico.
Le sue opere iniziano dopo uno stato d’animo particolare che nel linguaggio figurato prende corpo in file di elementi eterogenei (alberi, sassi, pali, ecc.) che si perdono in prospettiva nell’orizzonte.
“Questo - dice il pittore - è il momento della liberazione della mente dalle preoccupazioni quotidiane,a cui fa seguito l’istante interiore, psicologicamente puro, di totale e piena creatività”.
Un elemento contenutistico di rilievo, è il pessimismo sull’uomo d’oggi, il quale opprime dignità e orgoglio per il potere e il denaro.
Sul piano della tecnica cromatica, infine, egli dà risalto ai colori tenui, molto sfumati, si può dire quasi invisibili, ma presenti.
Ottorino Stefani
Direttore Arti Visive dell'Accademia Montelliana
Accademia Montelliana - Montebelluna TV - 1990
Giovanni Gambasin. Tra gli artisti veneti contemporanei, la pittura legata alla poetica del Surrealismo è piuttosto rara, pur avendo avuto un antecedente eccezionale nella figura di Alberto Martini. E sotto certi aspetti l’operazione creativa di Giovanni Gambasin si collega idealmente a quella dell’artista opitergino, con una connotazione tuttavia meno drammatica e con una particolare predilezione per talune atmosfere che alludono al paesaggio asolano.
La tematica su cui è incentrata la ricerca pittorica di Gambasin è il tempo inteso in termini bergsoniani: “durata reale” della memoria che interiorizza figure e sentimenti fino a trasformarli in un dato fondamentale della coscienza. Un tema arduo e problematico, che il pittore di Crespano affronta attraverso immagini quanto mai suggestive per la loro carica simbolica e la loro evocazione poetica.
Nelle opere di Gambasin, oltre ad un preciso riferimento alla vita del passato (raffigurata emblematicamente dalla villa degli Armeni ad Asolo), vi sono anche le inquietudini del presente: una “realtà” resa con la concretezza di forme e di colori bruni che fanno da contrasto con l’aerea luminosità degli sfondi azzurri.
Spesso l’artista si sofferma a raffigurare il mistero della poesia con immagini che alludono alla presenza reale di un poeta (“Omaggio a Dante”), attorniato dai fantasmi che fanno parte della sua personalità, oppure con la contrapposizione tra il piano fisico della realtà e quello della nostalgia e del sogno, come nel dipinto dedicato a Calderon de la Barca.
Antonio Filippi
Colletiva - Sede Comunità Montana - Carpenè - 1985
Giovanni Gambasin, autodidatta, dipinge dall’età di 14 anni.
Dopo una prima esperienza Realista entra nel filone Surrealista ed effettua una ricerca che lo porta a conoscere meglio e ad approfondire questo movimento fondato da Andrè Breton nel 1924.
In seguito ad una personale ricerca durata più di 10 anni, matura il suo stile e la sua tecnica e decide di affrontare la critica del pubblico dove ottiene buoni successi. Si afferma in tutte quelle manifestazioni o concorsi ai quali partecipa.
La sua pittura è creatività e fantasia e il suo personale modo di fare arte è un’autentica rivelazione per un giovane che da autodidatta, arriva ad ottenere favorevoli consensi di autorevoli critici.
Espone in mostre personali e collettive in varie località del Veneto e fuori.
Alla “Neopoiesi” arriva soltanto per la prima volta in questa occasione.
Antonio Filippi
Pove del Grappa VI - 1986
Giovanni Gambasin qualificatosi nell’arte con una serie di mostre personali e collettive, ritorna con la sua pittura in questa mostra di Venezia e subito l’accorto visitatore potrà notare il modo di dipingere di un uomo che dalla evanescenza delle forme sa tirare fuori una realtà, non sempre a prima vista identificabile, comunque piena di quella espressione che fa commuovere ed esaltare l’animo.
Il colore con le molteplici sfumature è una prerogativa di questo artista, ma anche di tutti quei grandi uomini della storia dell’arte, perché spesso li qualifica, soprattutto quando lo sanno usare in tutto il suo fantastico linguaggio, dalla tonalità risalta la forma e per questa l’impressione che ne deriva è immediata e cangiante, perciò in ognuno si differenzia a seconda del modo di interpretare la realtà, a seconda della maniera che l’artista vuol far poesia, a seconda del concetto filosofico che ogni artista ha del proprio modo di credere, oppure come intende far conoscere il proprio io.
Fra i giovani alla ricerca di presentare qualcosa di nuovo, di personale, di moderno, di interessante c’è anche Gambasin, che, non solo è considerato dai critici dell’arte, ma è anche apprezzato da chi sa scoprire nelle sue forme lo stato d’animo di un pessimista che vuol ridicolizzare con tutto, pur dando a tutto un valore, una ragione di essere, un significato poetico, pur facendo restare sempre intatta ed integra la finalità del suo concetto di dipingere.
Monica Bassanese
Montecchio Maggiore - 1987
Di fronte ad un quadro di Gambasin non ci si può non chiedere cosa significhi. Ci si accorge che i colori e le forme non permettono una fruizione solo estetica ma richiedono una partecipazione esistenziale dello spettatore. La via più facile, ma meno autentica, è quella di cercare nel dipinto un’allegoria o un simbolismo ben preciso, per cui ogni singolo particolare significa qualcosa di determinato, stabile e concreto. Ma proprio qui sta il punto di rottura e di polemica di Gambasin. La pittura è per lui un sogno, che si contrappone alla vita per la sua irrazionalità e la sua libertà. Sognare è per l’uomo esser capace di intuire per un attimo l’autenticità del proprio Io, che sta al di fuori di ogni schema precostituito. La persona sociale, che “vive” tra linee diritte, piani delimitati e orizzonti circoscritti, può nella intimità con se stessa riscoprire uno spazio e un tempo più ricchi, più veri, più suoi. Il sogno è la realtà dell’individuo, che conosce, o ha imparato a conoscere, il proprio essere infinito. Il sogno è l’umiltà e insieme il gesto eroico di chi si scava ogni giorno nella vita a un angolo di libertà. Così è il quadro della serie “La vita è sogno” di Gambasin. Preso lo spunto, ma solo di uno stimolo s’è trattato, da Calderon de Barca.
Gambasin ha riflettuto sui due termini, che indicano soprattutto due modi di essere. Ogni suo quadro rappresenta sempre una contrapposizione tra la vita rigida, sicura, regolare e scontata nella sua convenzionalità, e il sogno, i desideri e gli impulsi che fanno dell’uomo contemporaneamente una bestia e un dio. Il quadro “dice sempre una qualche verità”, ma ogni verità esprime solo un aspetto della realtà, mentre ne vela altri. Proprio perché mette in evidenza qualcosa, lascia in ombra il resto. Così la verità di un quadro è allo stesso tempo vita cosciente e sogno, è l’espressione di un pensiero ma è anche intuizione di non poter esaurire l’uomo nel pensiero. I colori e le forme comunicano non un messaggio codificato e decodificabile, ma lanciano la provocazione della libertà. La pittura di Gambasin non viene mai capita fino in fondo, e per questo è libera, come il suo autore. Può essere solo se stessa, un’invenzione, “una, nessuna, centomila”, e solo così è autentica, anche se non esprimibile né comunicabile tramite altri linguaggi. Così nemmeno le parole possono descrivere un dipinto di Gambasin, ma ogni singolo spettatore può solo mettersi di fronte ad una tela cercando di cogliere in se stesso quello che figure e contorni suggeriscono.
Certo, ogni quadro fa pensare, come esso stesso è frutto non solo di tecnica, ma soprattutto di pensiero. Ma questo “pensiero” non è un interpretare, un costruire un ragionamento che risolva tutto il senso di una vita, ma è reale solo se si identifica in un sogno. Non c’è una causa o un fine o una soluzione, mai.
L’arte surreale di Gambasin, se viene spiegata, viene fraintesa, distrutta, e solo vivendola essenzialmente si può non capire, ma sentire. E’ un grido di rottura e di solitudine, un inno alla libertà di non farsi capire troppo, per poter continuare a cogliere l’infinito, pur restando fermamente attaccati al finito dell’esistenza concreta. Le forme fantastiche e bizzarre del sogno nascono infatti sempre da una base rigida e definita: la vita. Vita e sogno sono uniti, si intersecano e si completano, non possono essere scissi l’uno dall’altro. L’uomo non vive senza sognare, e non sogna senza contrapporre i suoi sogni al grigiore della vita intesa come polo negativo. Solo insieme, uniti avvinghiati sono qualcosa, si staccano dallo sfondo uniforme e piatto del mondo, dal senso comune. Solo insieme formano l’uomo cosciente, creazione unica. L’arte di Gambasin è così un alludere a quello che di artistico c’è in ognuno di noi: la capacità di essere piccolo e grande allo stesso tempo, di capire e di sentire, di camminare e di volare, di vivere e di sognare. Comunque sempre da soli. Ed è per questo che spesso le parti più importanti e più significative dei quadri sono gli spazi vuoti, dove né la vita, né il sogno hanno già detto qualcosa. In essi non c’è la curiosità di spiegare, ma solo la possibilità di viverli dentro di sé, come un sogno, ma con gli occhi aperti della vita.
Galleria VENETA - 1986
Giovanni Gambasin: la fantasia onirica crea immagini e le immagini della fantasia assumono dimensioni innaturali. E' l'irreale che sulla tela diventa simbolo del grottesco, del dramma, dell'ironia con finezza espressiva.
IL GIORNALE DI VICENZA - BASSANO - 1986
Personale di Giovanni Gambasin
La Biblioteca Comunale di Solagna ospita in questi giorni una personale di Giovanni Gambasin, un artista di Crespano presentato dal prof. Tranquillo Bertamini. La mostra resterà aperta sino a domenica prossima...
Antonio Chiades
Piccola Barchessa Manin - Montebelluna TV
La Vita del Popolo - Montebellunese - 10.06.1990
La Mostra conclusa alla Barchessa Manin. Arte è ricerca interiore per Gambasin e Murer.
L’accademia Montelliana prosegue nella sua fervida, operosa presenza: si è conclusa il 3 giugno una interessante mostra curata dal prof. Ottorino Stefani. Alla piccola Barchessa Manin di Montebelluna hanno esposto due pittori di Crespano del Grappa: Giovanni Gambasin e Franco Murer (che è toscano, ma da tempo si è stabilito nella Pedemontana trevigiana).
L’opera di Gambasin è caratterizzata da un surrealismo terso, da una sorvegliata spazialità, all’interno della quale vibrano presenze rarefatte, cariche di riferimenti “sotterranei”. E’ il mondo dell’inconscio a farsi presenza, attraverso un linguaggio pittorico visionario e labirintico, dove la tensione cromatica è attraversata da una costante levità, da una delicata capacità evocativa. Il “tempo” stesso -così- viene ad assumere “dimensioni altre”, emblematizzato in Germania da una costante, ossessiva presenza la villa degli Armeni ad Asolo.
Emanuele Horodniceanu
II Gazetta del Veneto- VENEZIA 7 - 1976
...Surrealista sui generis, Giovanni Gambasin, giovane artista di Crespano del Grappa, è ospite della Galleria San Vidal con una serie di recenti lavori. Le sue tele si riempiono di volti deformati, spezzoni di edifici, flussi di materia, che s'agitano in un aereo rimpiattino.
L. Sesler
Galleria d'Arte "LA CUPOLA" Padova - 22.09.1982
Ha ripreso questo mese la sua attività artistica la galleria "La cupola" di Piazza Duomo a Padova. Dopo la personale di Marcon, che ha presentato le sue raffinate e sensibili incisioni con paesaggi e scorci di città e le opere di Gambasin pittore autodidatta che riecheggia con giovanile entusiasmo le suggestioni surrealiste…
S.D.R.
AMICO DEL POPOLO - 03.09.1988
Un libro chiacchierato ma interessante
"I Rech di Seren"
ricerca storica familiareIl libro è stato commissionato da un imprenditore - Tra le esigenze d'oggi c'è bisogno anche di cultura, intesa come ricerca delle proprie radici.
... E' infatti un volume in ottavo con molte illustrazioni, cartonato e con una sovracopertina del pittore Giovanni Gambasin di Crespano del Grappa...
Franco Rebbelato
IL GAZZETTINO - 1976
Di tutt'altro genere , invece, la pittura di Giovanni Gambasin. Affascinato da temi filosoficometafisici l'artista si sofferma nelle sue tele ad analizzare con immagini talora impressionanti, relazioni intercorrenti tra incubo e realtà, visioni lugubri e tensioni psicologiche. Abbastanza sicura appare la mano nel dominio dell'elemento cromatico che, accanto all'intuizione figurativa, rivela il raggiungimento di una certa maturità artistica.