Fulvia Minetti



Fulvia Minetti

Presidente dell’Accademia prof.ssa Fulvia Minetti

Critica in semiotica estetica dell’Opera “La Chiocciola – Fossile” di Giovanni Gambasin - 2022

 

Il simbolismo esoterico del Gambasin evoca, nello stupore della vertigine, il lento processo di spiritualizzazione della materia, interrogando le retrive tracce inconsce lungo il labirinto della spirale aurea, dell’abbraccio alchemico, che disvela i segreti della proporzione umana alla naturale e alla divina. L’armonica curva della vita è il rapporto fra singolarità e universalità, movimento di bellezza ascensionale, alla divina luce sapienziale e rinascita della molteplicità all’unità. La chiocciola è il sapiente utero divino, che eternamente rigenera al nuovo principio di un’armonia universale.

 

Presidente Fondatrice, Prof.ssa Fulvia Minetti


Fulvia Minetti

Presidente dell’Accademia prof.ssa Fulvia Minetti

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Notte e Giorno” di Giovanni Gambasin - 2021

 

I luoghi architettonici del Gambasin sono spazi transizionali d’investimento emotivo e di proiezione psichica. Il simbolismo è tutto interiore e la valenza universale si sospinge alla visione archetipica inconscia del viaggio dell’eroe nel grembo materno per la nascita, che diviene il paradigma di ogni riuscire protagonistico di vita. L’agone immaginativo passa per la perdita della coscienza identitaria e la memoria immemoriale di pluralità del rimosso collettivo, per la trasformazione della pulsione erotica in conoscenza armonica, che affaccia su di una nuova vita, consustanziale, di uomo e di natura, al connubio del giorno e della notte nella rêverie della creazione artistica.

 

Presidente Fondatrice, Prof.ssa Fulvia Minetti


 

Fulvia Minetti

Presidente dell’Accademia prof.ssa Fulvia Minetti

Il Premio della Città d’Arte Canale Monterano di Roma 2021 all’artista Giovanni Gambasin

la medaglia del Leone Aureo - 24.08.2021

 

L'arte del Gambasin è la vittoria originale ed inesauribile sul mythos della lacerazione originaria, della recisione del cordone ombelicale che strappa dalla vita eterna del materno, per cui l'uno divenne due e l'ombra dell'indistinzione, della pulsione, della pluralità e dell'amore fu affidata al rimosso, scotomizzata dalla luce della forma cosciente, dalla norma imperativa e dalla certezza avanzante del sapere. La ricerca dell'artista trevigiano è sentimento di mancanza dell'unità primaria e universale, di una pienezza primigenia perduta, esacerbato dalla precoce perdita personale della figura materna e dagli obblighi del servizio di marina militare, ad inseguire la tensione teleologica al Sé, all'esigenza individuativa dell'inconscio e della coscienza, in una anteriore unità di senso, ove luce e buio siano il medesimo abbraccio, perché la libertà dell'essere abiti la necessità del divenire.

 

Gli elementi dell'architettura pittorica del Gambasin sono frutto della proiezione spaziale della propriocezione e dell'esperienza emotiva corporea, in nome dell'archetipica indistinzione della materia di soggetto ed oggetto, di uomo e di mondo, propria della memoria inconscia e collettiva del grembo materno. L'investimento emotivo e creativo dello spazio dell'alterità oggettuale è la riconquista, attraverso l'arte, del paradiso prenatale perduto, del vissuto onirico dell'infinità di sé nella continuazione all'ambiente.

La solidità imposta dello schema architettonico formale si scioglie nel luogo dell'ironia, che domanda, che decontestualizza e che rovescia l'indiscutibilità dei significati nel provocante gioco infinito della materia e della potenza della possibilità aperta, per una nuova realtà armonica di sé e di mondo.

 

Da Ananke, simbolo greco della necessità mascherante, del tempo lineare, del dover essere e della geometria della forma, l'artista si volge a Pais, eterna fanciullezza del senso, al luogo del gioco libero e salvo dalle coercizioni, in microcosmici volti improvvisi e nascosti, plurali, istintuali, multiformi ed epifanici della vera e fluida identità dell'essere. È la memoria profonda che coglie del medesimo i sussulti estranianti. In ogni dettaglio infinitesimale della forma resta impigliata una materia franca, qualcosa di abissale e inesprimibile in un viaggio labirintico alla verità dell'inconscio, a cercare il paradigma, che sconvolge la visione cieca dell'abitudine e desta un nuovo principio di sé e delle cose.

 

L'amniotica liquidità delle forme dell'artista è rituale ontogenetico di una seminale fecondazione immaginativa della realtà. E l'ontogenesi porta con sé l'intera rinascita del cosmo, sin dalle prime forme ciliate cellulari, nel desiderio augurale di rinascita della totalità della vita, a commuovere la gestazione del passato in presenza.

 

In un'atmosfera contenitiva e metamorfica dell'umido derma ambientale, la pianta a croce greca della chiesa di San Bonaventura evoca la tetralogia fondatrice di vita dei quattro elementi della natura, dal blu dell'acqua, al giallo della luce aerea, al rosso del fuoco germinativo, al verde della terra. La struttura ottagonale del tetto della chiesa e della fontana del Bernini in Monterano agitano la memoria inconscia dell'archetipo del contenimento grembale e femminile, che sospinge il limite terreno del quadrato alla perfezione celeste del cerchio: l'ottagono è athanor di una trasmutazione alchemica della materia in spirito, tensione battesimale della carne alla verità, della finitudine all'infinito.

 

La maschera architettonica della coscienza erge le rovine di un'identità collettiva nascosta e ritrovata lungo l'axis mundi, il centro assiale dell'universo, il luogo del principio della creazione, individuato nella colonna della fontana, elemento maschile che sostiene il cielo e penetra il grembo dell'acqua, in un connubio degli opposti, nell'estasi di una ierogamia, di un sacro sponsale. La sinestesia si svolge e trasporta lo sguardoumorale nelle cose, dal loro interno a rinascere i segreti veritativi di una memoria dimenticata.

 

Presidente Fondatrice dell'Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea Prof.ssa Fulvia Minetti

 

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Trono; simbolo di potere” di Giovanni Gambasin

 

Le luminose velature simboliche del Gambasin sfogliano l’infinito possibile di senso ulteriore. Chi regna appone su di sé il giogo della coscienza, il trono sostiene il peso della medesimezza seduta sull’assegnazione del ruolo sociale. Al contempo, un’etica della reggenza impone una ciclica rinascita di sé, che attinga al gesto ctonio, plurale, anonimo e giullaresco, per una domanda ironica alle profondità dell’inconscio. È la riformulazione di una diveniente risposta dialettica del riemergente principio di realtà: una rifigurata seduta stanziale, poiché la luce all’artista non è che il divenire inarrestabile dei colori in movimento.

Opera esposta in permanenza esposto nella galleria comunale in Piazza Tübingen.
Monterano e la sua storia
Premio Apollo Dionisiaco
Premio Apollo Dionisiaco